Descrizione
Dalla ricerca su Gli Esclusi alla metà degli anni Sessanta (1965-67) — il primo vero documento sulla condizione silenziosa dei malati mentali — ai servizi fotogiornalistici per le principali testate giornalistiche europee: Luciano D’Alessandro è uno dei massimi interpreti italiani del reportage e dell’immagine sociale, radicale osservatore delle marginalità e delle forme di reclusione, delle utopie collettive e della loro dissoluzione. Napoli, Cuba, l’Unione Sovietica, il campo di concentramento di Mauthausen, le colonie francesi e la Tunisia. E poi ancora Capri, la Lucania ed il sud, anzi i «tanti sud del mondo»: una investigazione politica e sociale, ma soprattutto culturale; il tentativo di costruire una coscienza civile attraverso la schiettezza delle immagini per portare tra la gente l’orgoglio e la dignità di rinascere dopo ogni sopraffazione (da parte di padroni e istituzioni) e dopo ogni rovina (dal colera del 1973 al cruento terremoto d’Irpinia del 1980).
Per Luciano D’Alessandro la fotografia non può mentire. Dovrà piuttosto dire la verità, tutte le verità: plurali e posizionali, facendosi testimonianza – anche storica e giuridica – delle realtà negate o taciute. Una fotografia capace di coniugare la passione della verità con la verità della passione, al fine di boicottare le opinioni impersonali che danno forma alla società attraverso i media e di interrogare la presunta oggettività dei fatti mettendo in questione «la nostra visione di ciò che vediamo» (Veca, 2011).
Questo volume, giunto a cinque anni dalla scomparsa del fotografo napoletano, testimonia la sua ostinata militanza, ripercorrendo alcune delle sue principali inchieste accanto a illustri amici e colleghi come Gianni Berengo Gardin, Lisetta Carmi, Mario Dondero, Paola Mattioli. Immagini in grado di restituire la piena consapevolezza di un autore e un intellettuale che come pochi ha saputo attraversare mezzo secolo di fotografia senza retorica ma con il coraggio e l’ostinazione del giornalista, dell’osservatore, dell’ultimo idealista.